Capitolo 30

Era ispanica 635, terzo anno dell’Imperatore Maurizio. Una volta morto Leovigildo, suo figlio Reccaredo fu incoronato con una cerimonia religiosa e tenne un atteggiamento molto diverso da quello di suo padre. Quello, infatti, era empio e abile in guerra, mentre questi era devoto e amante della pace. Quello ampliò con la forza delle armi il potere del suo popolo, mentre questi elevò la gloria di quello stesso popolo con il trionfo della fede. All’inizio del suo regno, siccome era devoto alla fede cattolica, lavata la macchia dell’errore, ricondusse il suo popolo al culto della vera fede. Quindi convocò un sinodo delle province di Spagna e Gallia per condannare l’eresia ariana, al quale partecipò quello stesso religiosissimo principe. Con la sua presenza confermò di abbandonare con tutti i suoi l'eresia che Ario aveva fino a quel punto insegnato al popolo dei Goti e di abbracciare l’unità delle tre persone nella divinità: che il Figlio è consustanziale al Padre, che lo Spirito Santo è inseparabile dal Padre e il Figlio da questi procede e sono entrambi uniti nello Spirito, per cui sono uno. Condusse quindi una guerra contro popoli invasori ottenendo il successo grazie al sostegno della fede. Quando i Franchi invasero la Gallia con un esercito di quasi sessantamila soldati, inviò contro di loro il Duca Claudio, il quale li vinse. Nessuno conseguì mai nella Spagna dei Goti una vittoria più grande. Furono infatti sconfitte e catturate molte migliaia di nemici, il resto, volte le spalle ai Goti, fu inseguito e massacrato fino ai confini del proprio regno. Spesso e con forza reagì contro l’insolenza dei Romani e le invasioni dei Baschi, anche se qui non si trattava tanto di una guerra quanto quasi di esercizi ludici da palestra. Le province che suo padre aveva conquistato con la forza, conservò in pace. Governò con equità e moderazione. Fu infatti tranquillo, mite, di estrema bontà ed era di tale bellezza in volto e tanta bontà d’animo che alla fine spingeva ad amarlo tutte le menti influenzate dal male. Era generoso a tal punto che restaurò per proprio ordine le ricchezze dei privati e le proprietà ecclesiastiche che la malvagità del padre aveva confiscato. Era a tal punto clemente che spesso alleggeriva i tributi dei popoli con ampi condoni. Inoltre arricchì molti di beni, elevò molti in onore, diede la sua ricchezza ai derelitti e il suo tesoro agli indigenti, pensando che per questo gli fosse stato assegnato il regno, affinché di questo potesse essere soddisfatto perché iniziando bene si termina bene. Rafforzò la fede ortodossa che aveva assunto all’inizio del regno con nuove pubbliche confessioni di penitenza. Morì pacificamente a Toledo dopo aver regnato quindici anni.

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